Hai mai notato che due valutatori possono dare stime diverse fino al trenta per cento sullo stesso pacchetto azionario?
Un margine così ampio rischia di farci perdere grandi occasioni di investimento e di erodere i nostri rendimenti.
In questo articolo ti spiego come usare quattro approcci chiari e concreti per ridurre le discrepanze.
1. il metodo patrimoniale (valuta attivi e passività).
2. il metodo reddituale (si basa sui flussi di cassa attesi).
3. i multipli di mercato (confronta la tua azienda con imprese simili).
4. l’analisi delle transazioni comparabili (guarda operazioni reali su soggetti analoghi).
Scoprirai passo dopo passo come scegliere l’approccio giusto in base ai tuoi dati e ai tuoi obiettivi.
Così otterrai una valutazione precisa fin dal primo calcolo e potrai sfruttare ogni opportunità.
Ecco come allineare le stime e proteggere i tuoi investimenti.
Metodi principali per la valutazione delle partecipazioni societarie
Quando arriva il momento di valutare le quote di una società, abbiamo a disposizione quattro approcci che usiamo più spesso. Ogni metodo si adatta a situazioni diverse: quello giusto dipende da che informazioni hai e dall’obiettivo finale.
Facciamo un giro rapido su ciascuno. Ti prometto: niente gergo complicato, ma solo spiegazioni chiare.
- Metodo patrimoniale
Qui si guarda al patrimonio netto dell’azienda. Secondo l’OIC 4/3, consideriamo tutto ciò che c’è in riserva (quindi utili messi da parte) e teniamo conto di eventuali perdite raggruppate in appositi fondi rischi. Se vuoi una regola chiara, l’articolo 2426 numero 4 del codice civile dice che puoi calcolare la quota in base alla frazione di NAV (net asset value, cioè il patrimonio netto, al netto di dividendi già distribuiti e rettifiche). È un approccio molto usato quando vuoi una fotografia precisa di quello che l’azienda “possiede” davvero. - Metodo reddituale
Parliamo di uno dei metodi più rigorosi. Hai mai sentito parlare del DCF (discounted cash flow, ovvero “flussi di cassa scontati”)? In pratica, facciamo previsioni su quanti soldi liberi – free cash flow to equity – l’azienda genererà per i soci nei prossimi anni. E qui entra in gioco il WACC (weighted average cost of capital, cioè il costo medio ponderato del capitale), che ci aiuta a capire il valore “giusto” delle quote, come previsto dagli standard IFRS 13. Questo metodo funziona bene con società che hanno entrate stabili e prevedibili. - Multipli di mercato
Qui usiamo i “multipli”, cioè rapporti come P/E (prezzo/utili), EV/EBITDA (valore d’impresa diviso per margine operativo lordo) oppure P/BV (prezzo/valore contabile). Prendiamo un gruppo di aziende simili, magari quotate o coinvolte in transazioni recenti, e facciamo una media dei multipli per usarli come riferimento. Naturalmente, aggiustiamo queste medie per fattori particolari – ad esempio la liquidità delle quote, eventuali premi di controllo oppure sconti se sei in minoranza. Gli standard IFRS 13 ci danno una mano a mantenere omogeneità negli input. - Approccio NAV netto
Anche qui partiamo dal patrimonio netto, come stabilito ancora dall’art. 2426 numero 4 c.c. Si calcola la quota in base al patrimonio netto concreto dell’azienda, dopo aver tolto i dividendi già usciti e le eventuali rettifiche. In più, questo metodo si sposa coi principi di consolidamento previsti dall’IFRS 10 e con le regole per la valutazione del prezzo di acquisto delle partecipazioni IFRS 3. In pratica, ci aiuta a completare la stima “fair value” (giusto valore) della società, considerando anche tutte le partecipazioni controllate.
Serve una mano per capire qual è il metodo migliore per la tua realtà? Scrivici: troviamo insieme la strada più chiara.
Metodo patrimoniale per la valutazione delle partecipazioni societarie
Immagina di valutare una partecipazione societaria mettendo subito a confronto quanto hai pagato per la quota con la parte di patrimonio netto (cioè, tutto ciò che “rimane” alla società dopo aver tolto i debiti) secondo l’ultimo bilancio approvato. Questo è il cuore del metodo patrimoniale. Come precisa l’OIC 4/3, si parte sempre dal costo d’acquisto vero e proprio, includendo anche tutte le spese extra legate all’acquisizione.
E poi? Se quello che hai speso supera la fetta di patrimonio netto attribuibile alla tua quota, la differenza va ad accrescere il valore della partecipazione. Allo stesso tempo, si crea un fondo per eventuali perdite. Invece, se la tua spesa è inferiore, la differenza viene trattata come una svalutazione (cioè si riconosce che la partecipazione vale meno), oppure si riducono le riserve che non potrai poi distribuire. Secondo l’articolo 2426 del codice civile, puoi valorizzare la partecipazione proprio in base alla quota di netto attivo (il NAV per quota), cioè il patrimonio netto già ripulito da eventuali dividendi già distribuiti o sistemazioni contabili. Vuoi vedere un esempio pratico? Dai un’occhiata a questo approfondimento sulla valutazione d’impresa con metodo patrimoniale.
E dopo il primo inserimento? Negli anni seguenti, il valore della tua partecipazione si aggiorna con la tua quota di utili (quando l’azienda va bene) o si riduce con eventuali perdite. Cambi di riserve e cancellazione di utili “intrafamiliari” (tra società collegate) vengono ripresi per assicurare che tutti i numeri siano confrontabili. Un dettaglio importante: i dividendi che ricevi non finiscono direttamente in conto economico, ma semplicemente riducono il valore della partecipazione e liberano quella parte di riserva non ancora attribuibile.
Criteri normativi per il metodo patrimoniale
Qui l’articolo 2359 del codice civile entra in gioco: questo metodo si usa soprattutto quando c’è controllo (cioè, hai la maggioranza del voto o un’influenza dominante) oppure anche solo una “influenza notevole” (almeno un quinto dei voti, oppure un decimo nelle società quotate). Affinché tu possa applicare il metodo, la partecipazione dev’essere tra le immobilizzazioni finanziarie (ossia un investimento stabile, non una cosa che compri e vendi velocemente). Se le date di chiusura dei bilanci sono diverse, si può usare un bilancio “intermedio” della controllata con data allineata a quella del partecipante, raccontando poi tutto in nota integrativa, soprattutto se sono successi eventi importanti dopo la data di riferimento.
Trattamento delle differenze positive e negative
Cosa succede la prima volta che applichi il metodo? Beh, ci sono due situazioni classiche:
- Differenza positiva: hai pagato più di quanto vale la tua fetta di patrimonio netto? Allora il valore della partecipazione cresce e si mette da parte un fondo perdite.
- Differenza negativa: hai pagato meno? In questo caso, si registra una svalutazione della partecipazione o si riducono le riserve non distribuibili.
Aspetto | Differenza positiva | Differenza negativa |
---|---|---|
Iscrizione iniziale | Costo acquisto più accessori | Costo di acquisto |
Trattamento contabile | Incremento del valore e fondo perdite | Svalutazione o riduzione riserva |
Nota integrativa | Spiegazione delle motivazioni e modalità di ammortamento | Effetto sul patrimonio netto |
Metodo reddituale, analisi di bilancio e calcolo del WACC
Il metodo reddituale, invece, funziona così: si parte dai “free cash flow to equity” (ossia i flussi di cassa che in futuro finiranno nelle tasche degli azionisti) e si fanno delle proiezioni su cinque anni, aggiornate ogni tre mesi per stare sempre sul pezzo. Tutto comincia con un’analisi dei numeri – letteralmente si spulcia ogni voce di bilancio – per costruire previsioni che reggano il confronto con la realtà.
Per stabilire il fair value (“valore equo” secondo i principi IFRS 13), bisogna seguire regole chiare che dividono i dati in tre livelli, a seconda di quanto sono trasparenti o disponibili nel mercato.
Nel nostro lavoro, facciamo sempre una rigorosa analisi di bilancio per capire davvero che rischi finanziari corre l’azienda. Guardiamo subito a tre indicatori base: debt/equity (il rapporto tra debiti e capitale proprio), ROI (rendimento ottenuto sugli investimenti) e margine operativo (quanto il core business genera in valore). Il beta, che prendiamo da società simili quotate in Borsa, ci dice quando il settore è volatile. E per il tasso “risk free” scegliamo i titoli di Stato a dieci anni, perché in Italia sono praticamente il riferimento standard per investimenti senza rischio reale.
Analisi di bilancio e principali indicatori patrimoniali
Quando ci prepariamo a calcolare il valore tramite DCF equity valuation (“valutazione del flusso di cassa scontato all’equity”), raccogliamo questi dati:
- debt/equity: rapporto tra debiti finanziari e patrimonio netto. Ci aiuta a capire quanto l’azienda si affida al debito per crescere.
- ROI (“return on investment”): misura quanto rendono, in pratica, le attività reali che ha in pancia l’azienda.
- margine operativo lordo: questa voce indica quanta cassa viene generata ogni mese dal business principale.
- beta: è un numero che indica quanto la società è sensibile agli scossoni del mercato, preso da aziende simili quotate.
Questi indicatori sono la base del nostro modello per stimare i flussi di cassa. In più, ci aiutano a regolare il tasso di sconto. Così la valutazione non si basa su impressioni, ma su numeri che tengono conto di rischi e opportunità.
Calcolo del WACC e determinazione del tasso di sconto
Passiamo ora al calcolo del WACC (“weighted average cost of capital” o costo medio ponderato del capitale). In parole semplici, mescoliamo due fattori: il prezzo che paga l’azienda per raccogliere soldi dagli azionisti e quello che paga per prendere denaro in prestito, già scontato delle tasse.
Per il capitale proprio, la formula è: tasso risk free dei titoli decennali, più il beta moltiplicato per il market premium (ovvero il premio che il mercato richiede in più rispetto ai titoli senza rischio).
Per il costo del debito invece guardiamo al tasso medio dei prestiti, tenendo conto dell’effetto delle imposte (quindi: tasso di interesse × [1 – aliquota fiscale]).
Ponderiamo tutto usando la vera struttura finanziaria dell’azienda. Ecco i passaggi chiave, proprio come li seguiamo noi:
- Si individua il tasso risk free sui titoli decennali
- Si calcola il beta medio delle aziende comparabili
- Si stima il market premium confrontando i dati storici di Borsa
- Si determina il costo effettivo del debito, al netto delle tasse
- Si applicano le percentuali di equity e debito in base agli ultimi dati disponibili
Vogliamo essere davvero solidi, quindi facciamo sempre anche una simulazione di scenario e sensitivity: muoviamo beta o risk free di più o meno 10% per vedere l’impatto finale.
Per vedere passo dopo passo come impostare un DCF, puoi dare un’occhiata all’articolo sul discounted cash flow aziendale.
Così troviamo il tasso di sconto giusto per il caso specifico, adatto al rischio che stai affrontando, e ti diamo una stima del valore della partecipazione che regge sia con i numeri, sia con il buon senso.
Multipli di mercato nella valutazione delle partecipazioni societarie
Quando dobbiamo capire quanto vale una quota societaria, spesso partiamo da una domanda semplice: come si comporta il mercato con aziende simili? Il confronto è la chiave. Si scelgono società confrontabili, quotate o oggetto di acquisizioni recenti, per vedere come sono state valutate in termini di multipli. Di solito guardiamo a metriche come EV/EBITDA (valore d’impresa diviso per margine operativo lordo), P/E (rapporto prezzo/utili) o price to book ratio (P/BV, cioè prezzo diviso per valore contabile). Questi numeri ci aiutano a disegnare una cornice di riferimento concreta e aggiornata.
La prima cosa da fare? Scegliere il campione giusto
Serve una selezione di imprese davvero simili, sia per dimensioni che per settore e prospettive di crescita. Non basta fermarsi a una superficiale somiglianza. Il modello di business deve essere allineato e i dati devono parlare chiaro: niente numeri vecchi o fuori scala.
Passo due: calcolare i multipli finanziari
Recuperiamo multipli come EV/EBITDA, P/E e P/BV dai bilanci ufficiali oppure tramite piattaforme di dati finanziari. Un piccolo segreto da addetti ai lavori: occhio alle eccezioni o ai numeri fuori range che rischiano di spostare la media. Se trovi anomalie, eliminale per non falsare il risultato globale.
Terza tappa: determinare il multiplo medio corretto
Facciamo una media dei multipli trovati. Ma non è finita qui. Serve poi aggiustare tenendo conto della liquidità disponibile, di un eventuale premio di controllo (cioè se stai acquistando la maggioranza) oppure di uno sconto per minoranza (se invece resti sotto il 50%). IFRS 13, lo standard internazionale, raccomanda di usare dati di mercato coerenti e trasparenti, un consiglio fondamentale per chi vuole stare dalla parte della ragione.
Ultimo step: applicare il multiplo al tuo caso specifico
Si prende il multiplo “giusto” e lo si moltiplica per la variabile chiave dell’azienda analizzata, può essere EBITDA, utile netto o patrimonio netto. Il risultato? Una valutazione basata su paragoni reali e oggettivi. Perfetta come punto di partenza affidabile per qualsiasi discussione sul valore di una partecipazione.
Hai mai affrontato una valutazione così? È un approccio pratico, usato ogni giorno da investitori e consulenti in tutto il mondo. Funziona perché offre uno sguardo concreto e aggiornato su come il mercato ragiona davvero.
Principi contabili OIC e IFRS per la valutazione delle partecipazioni societarie
Hai mai notato quanto possano essere diversi i bilanci di due aziende, anche se operano nello stesso settore? Ecco, molta di questa differenza dipende proprio dai principi contabili usati. In Italia, parliamo spesso dei principi OIC. Nel mondo invece, sono gli IFRS a fare scuola. Proviamo a chiarire come funzionano entrambi nella valutazione delle partecipazioni societarie.
Con gli OIC, il filo conduttore è la semplicità. In pratica, quando una società possiede partecipazioni in collegate o controllate, si applica il metodo del patrimonio netto (ossia si aggiorna periodicamente il valore secondo il risultato della società partecipata). Gli utili? Si mettono in una riserva vincolata, così restano protetti. Le perdite, invece, vengono accantonate in un apposito fondo rischi. L’OIC 17 ci spiega come gestire le differenze da annullamento, assegnandole alle attività concrete oppure alle riserve di consolidamento. Se parliamo di strumenti finanziari, l’OIC 23 ci lascia scegliere: si può valutare al costo o secondo il valore di mercato (il famoso “fair value”).
Il discorso cambia quando entriamo nel mondo IFRS. Qui, le regole sono pensate per andare in profondità, specialmente durante consolidamento e valutazioni. L’IFRS 10 chiarisce quando includere una controllata nel bilancio di gruppo, la chiave è il “controllo effettivo,” cioè chi davvero dirige l’azienda. L’IFRS 3 invece si concentra sulle aggregazioni aziendali: bisogna misurare bene il prezzo d’acquisto e distinguere tra avviamento (goodwill) e fair value delle attività acquisite. Per le valutazioni di mercato, l’IFRS 13 entra nei dettagli: definisce come si determina il fair value, ordina gli input in tre livelli (dal più al meno trasparente) e impone tanta chiarezza sulle strategie usate.
Ecco un riassunto delle differenze chiave tra OIC e IFRS:
OIC | IFRS |
---|---|
OIC 4/3: metodo patrimonio netto, riserve vincolate e fondo rischi OIC 17: eliminazione di poste infragruppo e gestione differenze OIC 23: strumenti finanziari, valutazione al costo o mercato (fair value) |
IFRS 10: controllo effettivo, consolidamento integrale IFRS 3: prezzo d’acquisto, avviamento, distinzione fair value IFRS 13: gerarchia input, sensibilità e disclosure assunzioni di mercato |
Quale principio scegliere tra OIC e IFRS? Beh, dipende da cosa cerchi. Se vuoi un bilancio pratico, leggero e facilmente leggibile sul mercato italiano, gli OIC sono più che sufficienti. Ma se punti a una trasparenza maggiore e ti interessa il confronto internazionale (ad esempio, se ti rivolgi a investitori esteri), i principi IFRS offrono dettagli e disclosure più approfonditi, specie sulla valutazione al fair value.
Insomma, il metodo scelto cambia parecchio la “faccia” del bilancio. E tu, quale stile vorresti per la tua azienda? Vuoi capirci di più o hai un caso concreto da analizzare? Scrivici: lavoriamo fianco a fianco per individuare la soluzione migliore, puntando sulla semplicità senza perdere di vista la sostanza.
Aspetti fiscali nella valutazione delle partecipazioni societarie
Quando si vende una partecipazione in Italia, la plusvalenza ottenuta viene tassata con un’aliquota fissa del 26%. In pratica, ogni euro guadagnato dalla vendita è soggetto a questa tassazione, senza eccezioni per scaglioni più bassi. Questo rende fondamentale pianificare con attenzione il momento della vendita, così da minimizzare l’impatto fiscale sull’operazione.
Hai mai sentito parlare di “riallineamento fiscale” (Fiscal Tax Alignment, o FTA)? Funziona un po’ come aggiornare la base di partenza: ti permette di portare il valore fiscale della partecipazione allo stesso livello di quello contabile. Così puoi ridurre sorprese su plusvalenze (o minusvalenze) future. Certo, per farlo dovrai versare delle imposte sostitutive, ma avrai maggiore chiarezza nei flussi di cassa degli anni a venire.
E le rivalutazioni in bilancio? Sono uno strumento prezioso anche queste. Ti offrono la possibilità di aumentare il valore delle quote o degli immobili iscritti in bilancio. Questo processo genera delle imposte differite passive (che sono debiti futuri verso il fisco, segnate tra le passività), ma possono anche attivare imposte differite attive che compensano eventuali effetti fiscali futuri. Un bilancio più solido significa meno capitale bloccato e un profilo fiscale più efficiente per chi investe. Piccolo suggerimento: ricorda sempre di specificare i criteri adottati nella nota integrativa.
Ci sono altri aspetti da tenere d’occhio. Ad esempio, i dividendi che ricevi sono tassati direttamente alla fonte e puoi anche compensare eventuali minusvalenze con plusvalenze future. Gestire bene le imposte differite è fondamentale per non avere brutte sorprese quando serve liquidità. Vuoi parlarne? Studiamo insieme strategie pratiche per abbassare davvero il peso fiscale sulle tue partecipazioni.
Best practice e casi di studio nella valutazione delle partecipazioni societarie
Vediamo degli esempi pratici. Prendiamo il caso di Gamma Srl e Beta Srl. Gamma ha acquistato l’80% di Beta, segnando l’investimento al costo effettivo, compresi gli oneri collegati. Tutto secondo le regole dell’OIC 4/3, che suggerisce di mettere gli utili in una riserva bloccata e i plusvalori in una riserva che non può essere distribuita. Risultato? Il valore della partecipazione è salito di 120.000 €. E grazie a una nota integrativa chiara e trasparente, il revisore non ha avuto dubbi sulla validità dei criteri di ammortamento.
Passiamo a un altro esempio: una start-up tecnologica e la classica valutazione DCF (Discounted Cash Flow, cioè analisi dei flussi di cassa futuri scontati). Nei primi tre anni, la cassa era in rosso, ma al quinto anno la società raggiungeva il break-even. Nello scenario centrale, si prevedeva un IRR (tasso interno di rendimento) del 18%. Però, nello scenario più prudente, c’era rischio di perdita. Qui, analisi di scenario e sensitivity analysis sono state decisive per aggiustare sia il tasso di sconto che i margini di crescita. Così si evitano previsioni irrealistiche e si offre massima trasparenza agli investitori.
Ecco alcune best practice che ci portiamo a casa:
- Scrivere sempre ogni ipotesi in note chiare: così diventa facile rivedere e aggiornare la valutazione in futuro.
- Non limitarsi a uno scenario solo. Almeno tre: pessimistico, base, ottimistico. Serve a capire davvero il potenziale e i rischi.
- Controllare che i multipli di mercato e il WACC (costo medio ponderato del capitale) siano in linea con i dati aggiornati.
E gli errori più frequenti?
- Dimenticarsi di sistemare gli utili infragruppo (cioè quei profitti tra società dello stesso gruppo che vanno rettificati).
- Usare un solo scenario senza provare come cambiano i risultati se si modificano i parametri chiave.
- Non aggiornare i flussi di cassa almeno ogni trimestre: è un autogol che si paga caro.
In pochi passaggi: documentazione dettagliata, confronto tra più scenari e dati sempre aggiornati fanno la differenza tra una valutazione robusta e una piena di falle. Proprio quello che ti serve per conquistare la fiducia di soci e investitori.
Considerazioni finali
Esplorando i quattro metodi fondamentali, patrimoniale, reddituale, comparativo e NAV, abbiamo visto come OIC e IFRS guidino ogni fase.
Hai scoperto i passaggi chiave per il DCF, il calcolo del WACC e l’uso dei multipli di mercato, insieme alle regole fiscali italiane e ai controlli contabili.
Gli esempi pratici hanno sottolineato l’importanza dell’analisi di scenario e della documentazione trasparente.
Con un approccio integrato, la valutazione delle partecipazioni societarie diventa un motore per decisioni di crescita sicure e ponderate.
FAQ
Come si effettua la valutazione delle partecipazioni con metodo del patrimonio netto e quali scritture contabili si applicano?
La valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto si basa sulla quota di patrimonio netto del bilancio. In contabilità si iscrive il costo iniziale e si rettifica con utili vincolati e accantonamenti per perdite.
Quali differenze esistono tra la valutazione delle partecipazioni secondo IFRS e OIC?
La valutazione secondo IFRS usa fair value in base alla gerarchia di input di IFRS 13 e criteri di consolidamento da IFRS 10. OIC applica il metodo del patrimonio netto con riserve vincolate e fondo per perdite.
Cosa si intende per valore di carico della partecipazione?
Il valore di carico della partecipazione è il costo storico comprensivo di spese accessorie, rettificato da eventuali svalutazioni o rivalutazioni, e rappresenta l’importo iscritto in bilancio.
Come si registrano le svalutazioni delle partecipazioni in contabilità?
Le svalutazioni delle partecipazioni si registrano con una scrittura di addebito al conto svalutazioni e accredito alla riserva non distribuibile, riflettendo la perdita di valore alla chiusura del bilancio.
Qual è la scrittura in partita doppia per l’acquisto di partecipazioni?
L’acquisto di partecipazioni si registra addebitando “Partecipazioni” per il costo di acquisizione e accreditando “Banca c/c” o “Debiti verso fornitori”, includendo spese accessorie nel valore di carico.
Come si determina e calcola il costo di una partecipazione societaria?
Il costo di una partecipazione si determina sommando il prezzo d’acquisto e i costi accessori (compravendita, commissioni, tasse), al netto di eventuali sconti o rimborsi ottenuti.
Come verificare la corretta iscrizione delle partecipazioni in bilancio?
Per verificare le partecipazioni in bilancio si confrontano le quote rilevate con il libro soci, si controllano le delibere assembleari e si riconciliano i valori con i bilanci delle società partecipate.
Quali sono i criteri di rilevazione iniziale e di valutazione successiva delle partecipazioni?
La rilevazione iniziale iscrive la partecipazione al costo di acquisto comprensivo di oneri accessori. La valutazione successiva applica il metodo del patrimonio netto, il fair value o il costo ammortizzato, secondo il tipo di partecipazione.