Hai mai riflettuto su come un piccolo spostamento del capitale circolante possa cambiare il prezzo di vendita di un’azienda?
Durante la due diligence finanziaria (l’analisi dei conti prima di una transazione) ci concentriamo sui crediti (soldi da incassare) e sulle rimanenze (merci in magazzino). Aggiungiamo anche i debiti a breve termine. Così venditore e acquirente partono dallo stesso punto, con dati chiari in mano.
In questo articolo vi mostriamo i passaggi chiave per calcolare il Capitale Circolante Netto (CCN) (attività correnti meno passività correnti). Poi capiremo come questo influisca sull’Enterprise Value (EV) (il valore totale dell’azienda per tutti gli stakeholder).
Alla fine scoprirete perché valutare con rigore il CCN è cruciale per evitare sorprese al closing e per definire un Equity Value realistico.
Ecco come eviteremo insieme brutte sorprese.
Fondamenti di valutazione del capitale circolante nella due diligence finanziaria
Quando ci occupiamo del capitale circolante durante una due diligence finanziaria, puntiamo ad avere dati trasparenti per aiutare entrambe le parti a definire il giusto prezzo di vendita dell’azienda. In pratica, con numeri alla mano, venditore e acquirente possono davvero sedersi insieme e trovare un accordo equo.
Il Capitale Circolante Netto (CCN) si ottiene sommando queste voci:
- crediti verso clienti (cioè quanto l’azienda deve ancora incassare)
- rimanenze (le scorte presenti in magazzino)
- debiti verso fornitori (quanto l’azienda deve pagare)
- altri crediti e debiti a breve termine
Questa formula semplice ci fa capire quanta “benzina” serve ogni giorno per far girare l’azienda. Qualsiasi cambiamento nel CCN ha effetto diretto sull’Enterprise Value (EV, ossia il valore dell’impresa considerato il suo debito).
Al momento del closing, cioè quando il passaggio di proprietà si conclude, le variazioni del CCN vengono trasformate nella Net Debt (la posizione finanziaria netta, cioè differenza tra cassa e debiti finanziari). Questo serve a definire l’Equity Value, vale a dire la cifra effettiva che verrà pagata dal nuovo proprietario. Se il CCN reale è più alto rispetto al livello pattuito, anche la Net Debt salirà, abbassando così l’Equity Value. Se invece è più basso, succede il contrario.
Per fare un’analisi seria, bisogna guardare sia lo storico che le stagionalità del business, così da non farsi ingannare da picchi temporanei o momenti eccezionali. Di solito si calcola la media mensile degli ultimi 12–24 mesi per individuare un CCN “normale” e valutare lo scostamento effettivo al closing. Così si evitano sorprese tipo magazzini troppo pieni o clienti ritardatari che possono “gonfiare” o “sgonfiare” il valore finale.
Capire questi meccanismi è fondamentale. Solo così il prezzo conclusivo riflette davvero la liquidità della società, senza brutte sorprese dopo la firma.
Componenti del capitale circolante operativo netto: crediti, rimanenze e debiti commerciali
Quando parliamo di Capitale Circolante Operativo Netto (CCON), la formula base è questa: Crediti Commerciali più Rimanenze, meno Debiti Commerciali e meno Acconti Ricevuti. In pratica, calcoliamo quanti soldi l’azienda deve ancora incassare dai clienti, il valore delle scorte in magazzino e togliamo quello che l’azienda deve pagare ai fornitori insieme agli anticipi ricevuti. Sembra complicato, vero? Ma coi documenti giusti tutto fila liscio.
Vediamoli uno per uno.
- Crediti Commerciali: qui servono estratti conto dei clienti, una lista dell’anzianità dei crediti (quanti giorni sono passati dal momento della fattura) e tutte le fatture aperte.
- Rimanenze: la fotografia del magazzino, i report che valorizzano le scorte e monitorano quanto ruotano.
- Debiti Commerciali: qui sono fondamentali gli estratti dei fornitori, i contratti di fornitura e le condizioni di pagamento.
- Acconti Ricevuti: si tratta dei saldi contabili legati a contratti su commessa e le note di accredito che spiegano gli anticipi già incassati.
Puoi approfondire qui: analisi di bilancio nella due diligence finanziaria.
Hai mai pensato a quante risorse servano davvero per far girare tutto il ciclo operativo di un’impresa italiana tipo? Ecco una fotografia interessante: nel dicembre 2018, in Italia, il CCON aggregato era di 320 miliardi di euro. Vuol dire 483 miliardi di crediti da clienti, 354 miliardi come valore delle rimanenze in magazzino, compensati da 453 miliardi di debiti verso fornitori e 63 miliardi di acconti già ricevuti.
Voce | Valore (mld € – dicembre 2018) |
---|---|
Crediti commerciali | 483 |
Rimanenze | 354 |
Debiti commerciali | 453 |
Acconti ricevuti | 63 |
CCON Totale | 320 |
Questi dati aiutano subito a capire quanta liquidità serve per far funzionare il ciclo aziendale giorno dopo giorno. Una gestione attenta di ogni voce alla fine fa la differenza tra una cassa tranquilla e continui affanni. Chiediti: la tua azienda come si posiziona rispetto a questi numeri?
Indicatori finanziari e KPI per la valutazione del capitale circolante nella due diligence finanziaria
Quando ci mettiamo ad analizzare un’azienda durante una due diligence finanziaria, i numeri ci raccontano subito qualcosa sul modo in cui gestisce il suo “capitale circolante” (quella liquidità che entra ed esce ogni giorno nei processi di acquisto, produzione e vendita). Le cose si fanno interessanti quando guardiamo ai KPI principali: ci aiutano a capire quanto velocemente un’impresa trasforma scorte e crediti in denaro disponibile. In altre parole: quanto è “snella” la cassa e quanto è rapido il ciclo operativo.
Un indicatore chiave? Il cash conversion cycle (ciclo di conversione della cassa). Di fatto misura i giorni che passano dall’acquisto delle materie prime all’incasso delle vendite. Un ciclo corto ci fa pensare a una gestione molto efficiente. Se invece i tempi si allungano troppo, sia l’acquirente che il venditore potrebbero storcere il naso, perché si blocca liquidità preziosa. Giusto per darti un riferimento, in Italia nel 2018 la media era di 28 giorni.
Entrando nel dettaglio troviamo il Days Sales Outstanding (DSO), cioè i giorni medi che l’azienda impiega a incassare le fatture dai clienti (basta dividere i crediti commerciali per le vendite giornaliere). Nel 2018, in Italia, il DSO medio era di 75 giorni. Nelle PMI si saliva a 106 giorni, nelle imprese più grandi si scendeva a 52. Hai mai avuto clienti che pagano in ritardo ogni mese? Beh, questo valore lo fotografa in modo molto chiaro. Durante la due diligence, noi confrontiamo sempre questi numeri con quelli del settore per capire se ci sono inefficienze strutturali.
Poi c’è il Days Payables Outstanding (DPO): indica i giorni medi che ci vogliono per pagare i fornitori. Sapevi che le PMI italiane, nel 2018, aspettavano in media 113 giorni prima di saldare? Le grandi aziende pagavano un po’ prima: 85 giorni. Un DPO alto migliora la liquidità subito, ma rischia di incrinare i rapporti commerciali se diventa la regola.
Un altro KPI utile? Il Days Inventory Holding (DIH): misura per quanti giorni le scorte rimangono in magazzino prima di essere vendute. La media italiana era 44 giorni ma, ancora una volta, le piccole imprese registravano valori più alti (63 giorni). Avere troppe rimanenze ferme significa immobilizzare capitali che potresti usare altrove.
Infine, non trascuriamo la rotazione dei crediti (receivables turnover ratio) – cioè il rapporto tra le vendite nette annue e i crediti medi. Se questo valore è alto, l’azienda incassa in fretta e i clienti sono affidabili. Quando si avvicina un’operazione di acquisizione o vendita, ragionare su questi numeri può fare davvero la differenza, anche per le trattative sul prezzo.
Diamo uno sguardo riassuntivo ai principali KPI italiani nel 2018:
KPI | Formula | Valore medio Italia 2018 |
---|---|---|
Days Sales Outstanding (DSO) | Crediti Commerciali / Vendite giornaliere | 75 giorni |
Days Payables Outstanding (DPO) | Debiti Commerciali / Acquisti giornalieri | 99 giorni |
Days Inventory Holding (DIH) | Rimanenze / Costo delle vendite giornaliero | 44 giorni |
Cash-to-Cash Cycle | DSO + DIH – DPO | 28 giorni |
Se hai domande su come interpretare questi dati o vuoi scoprire benchmark aggiornati per il tuo settore, contattaci – ti aiutiamo volentieri a leggere la situazione con occhi ancora più esperti!
Metodologie di calcolo e tecniche di normalizzazione del capitale circolante in fase di closing
Parliamone in modo semplice. Quando arriva il momento di stabilire qual è il “giusto” livello di capitale circolante netto (CCN) per una società, la cosa migliore è guardare ai numeri reali del passato. Di solito si fa la media mensile dei valori degli ultimi 12 o anche 24 mesi, ma se l’azienda è in forte crescita, concentrarsi solo sugli ultimi 6 mesi può dare un quadro molto più fedele. Così si evita che le tipiche “impennate” stagionali o scossoni momentanei distorcano la valutazione proprio al momento del closing.
Ci sono due modi principali per fare questo calcolo. Nel metodo bottom-up, si ricostruiscono ogni mese crediti, magazzino e debiti, sommando tutte le voci per avere un’immagine precisa del CCN di riferimento. Nel metodo top-down invece si prendono i flussi di cassa storici, cioè l’andamento dei soldi in entrata e uscita, per stimare indirettamente quanto capitale circolante serve davvero. Entrambi i metodi richiedono un’analisi su misura per capire la differenza tra il CCN medio e quello reale al momento della chiusura dell’accordo. Questo aiuta a definire eventuali aggiustamenti sul prezzo di vendita.
E se mancano alcuni dati mensili, soprattutto su cose non commerciali? In questi casi si amplia il calcolo includendo tutto quello che resta da pagare, come tasse, posizioni fiscali e previdenziali scadute, o compensi ancora dovuti al venditore. Questo passaggio di normalizzazione chiarisce una buona volta quali debiti rimangono a carico di chi vende e quali invece passeranno a chi compra. Così si riduce al minimo il rischio di litigi dopo la firma.
Il consiglio di chi fa due diligence ogni giorno è chiaro: bisogna sempre fissare il CCN di riferimento all’interno del contratto e magari prevedere delle clausole che rimandino una fetta del prezzo finale fino a quando i numeri non sono veramente confermati. In questo modo, il prezzo che si paga rispecchia davvero la situazione di liquidità della società in quel momento, senza brutte sorprese dovute a oscillazioni temporanee.
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Previsioni e modelli di scenario per il capitale circolante nel contesto di due diligence finanziaria
Quando ci troviamo a effettuare una due diligence finanziaria, aver sotto mano delle previsioni solide sul capitale circolante (WC, working capital) fa davvero la differenza. In pratica, ci aiutano a capire come cambieranno i flussi di cassa aziendali nei mesi dopo il closing. Se aggiorniamo costantemente queste previsioni, ad esempio con un rolling forecast ben fatto, possiamo adattare al volo il budget operativo e tenere il polso sull’andamento reale. Questo ci permette anche di cambiare rapidamente strategia, se serve.
Come facciamo a costruire delle previsioni affidabili? Spesso si parte da modelli in Excel che mescolano due approcci: bottom-up e top-down. Con il metodo bottom-up andiamo al dettaglio, mese per mese, su crediti da clienti, magazzino e debiti verso fornitori (analizzando i flussi uno a uno). Il top-down, invece, guarda dall’alto ai movimenti di cassa storici per stimare in modo più aggregato cosa servirà in futuro.
E la vera sfida arriva quando iniziamo con analisi di scenario e stress test operativi. Cosa succede se le vendite calano? O se i clienti ci pagano con due settimane di ritardo? Possiamo simulare, per esempio, un DSO (Days Sales Outstanding, cioè giorni medi di incasso) più lungo di 15 giorni o un aumento improvviso dei DIH (giorni di giacenza delle scorte). Così misuriamo subito l’impatto sulle nostre riserve di liquidità.
I team oggi hanno una marcia in più grazie alle dashboard finanziarie, che mostrano in tempo reale grafici su DSO, DPO (Days Payable Outstanding, giorni medi di pagamento ai fornitori), DIH e cash conversion cycle. I software per il working capital management, collegati con ERP e banche, raccolgono dati freschi ogni giorno e lanciano avvisi automatici se una di queste metriche sfora i limiti prefissati. Comodo, no?
Avere tutto questo a disposizione significa che team finanziari e advisor possono subito individuare i punti critici e proporre clausole di price adjustment davvero solide. Una due diligence ben supportata da forecast precisi e simulazioni concrete riduce i rischi di sorpresa. E mette tutti in condizione di scegliere meglio, e più in fretta, al momento del closing.
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Benchmark settoriali e soluzioni di Supply Chain Finance per ottimizzare il capitale circolante
Hai mai sentito parlare di quanto siano cambiati i giochi per la liquidità aziendale dopo il 2008? In Italia, molte imprese hanno dovuto fare i conti con pagamenti ritardati e l’accesso al credito bancario che, giorno dopo giorno, diventava più complicato. Questo ha creato una vera corsa: trovare nuove soluzioni per gestire al meglio il capitale circolante e garantirsi una continuità operativa. Non sei l’unico a esserti chiesto: “E ora come si fa?”
Il mercato italiano della Supply Chain Finance, secondo i dati del 2018, valeva la bellezza di 483 miliardi di euro se parliamo di crediti commerciali (praticamente tutti quei soldi che le aziende aspettano di incassare dai clienti). Circa il 31% di questo mercato era già sotto controllo con strumenti di SCF, ossia, piattaforme e servizi che permettono di anticipare i flussi di cassa senza passare per la banca tradizionale. Se poi guardiamo solo i crediti verso clienti, la quota sale al 35%. Vuol dire che sempre più imprese stanno iniziando a fidarsi di queste soluzioni. Infatti, grazie a risultati positivi, la fetta di mercato “scoperta” è calata dell’1,1% rispetto all’anno prima. Un piccolo passo avanti, ma significativo.
Con questi strumenti in squadra, puoi davvero giocare sulle leve principali: dilatare i tempi di pagamento che concedi ai tuoi fornitori, accelerare l’incasso dei tuoi crediti e liberare un po’ di capitale che di solito resta bloccato in magazzino. Sembra complicato? In realtà, si tratta di scegliere la soluzione più adatta per la tua supply chain e integrarla nel modo giusto. Così ottieni tre risultati insieme: più liquidità lungo tutta la filiera, meno dipendenza dalle banche e una gestione del capitale circolante molto più flessibile.
Ti è già capitato di valutare una di queste soluzioni nella tua azienda? Se sì, sai che a volte basta anche una piccola modifica al modo in cui gestisci i pagamenti per vedere una bella differenza a fine mese. Se no, forse è il momento giusto per fermarsi, darsi una scrollata e chiedersi: “E se ci provassi anch’io?”
Vuoi approfondire? Esistono diversi articoli e casi studio sull’argomento, e la community di imprenditori italiani è sempre più attenta e attiva su questi temi.
Metodologie di calcolo e tecniche di normalizzazione
Per la due diligence sul capitale circolante operativo (scorte, crediti e debiti legati all’attività quotidiana) raccogliamo tutti i documenti chiave.
Quindi, ci servono i bilanci storici (di solito ultimi tre anni), gli estratti conto bancari e i contratti di fornitura.
Poi aggiungiamo i report di magazzino e l’analisi dell’età media dei crediti, la cosiddetta “aging”.
A questo punto puliamo e normalizziamo i numeri. Togliamo voci straordinarie o stagionali per avere un quadro chiaro e omogeneo.
Ecco come ci assicuriamo di partire da dati solidi e affidabili.
Ruolo | Responsabilità |
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CFO | Coordina la raccolta e la verifica dei dati finanziari |
Revisore | Controlla che le poste contabili riflettano le operazioni reali |
Advisor | Supporta con metodologie, benchmark di settore e analisi degli scenari |
Considerazioni finali
Entrando nel vivo dell’articolo abbiamo definito il Capitale Circolante Netto e il suo ruolo in una due diligence finanziaria.
Poi abbiamo esaminato crediti, rimanenze e debiti commerciali e illustrato i KPI principali come DSO e Cash Conversion Cycle.
Abbiamo spiegato come calcolare e normalizzare il capitale circolante, presentato scenari previsionali e strumenti SCF per ottimizzare il ciclo operativo.
La checklist finale ti guida passo dopo passo.
Con una solida valutazione del capitale circolante nella due diligence finanziaria sei pronto a spingere la crescita.
FAQ
Cosa sono il capitale circolante netto e la posizione finanziaria netta?
Il capitale circolante netto misura la differenza tra attività e passività correnti, ossia crediti commerciali e rimanenze rispetto ai debiti. La posizione finanziaria netta indica l’indebitamento al netto di cassa e investimenti a breve.
Come si calcola il capitale circolante netto?
Il capitale circolante netto si ottiene sommando crediti commerciali e rimanenze e sottraendo debiti commerciali e altri debiti correnti. È un indicatore chiave della liquidità operativa.
Cos’è la due diligence finanziaria?
La due diligence finanziaria è il processo di analisi dettagliata dei dati contabili e delle performance economico-finanziarie di un’azienda, pensato per supportare la negoziazione del prezzo e identificare rischi.
Che cos’è e come si calcola il ciclo del capitale circolante?
Il ciclo del capitale circolante indica il tempo medio tra pagamento fornitori e incasso clienti. Si calcola sommando DSO (giorni medi di incasso) e DIH (giorni medi di giacenza) meno DPO (giorni medi di pagamento).