Hai mai pensato che basti un prestito per finanziare un’acquisizione? In realtà ci sono diverse soluzioni. Equity (capitale proprio), prestiti bancari, bond (obbligazioni) e tesoreria interna possono cambiare le carte in tavola.

E ora la domanda chiave – qual è la via giusta per la tua azienda? Analizziamo rischi e vantaggi di ogni opzione. Nota a margine, la nostra squadra ha già guidato progetti di finanziamento per imprese come la tua. Così capirai come creare una struttura di finanziamento solida e funzionale.

Preparati a scoprire le soluzioni vincenti per sostenere la tua strategia di fusioni e acquisizioni (M&A). Ti mostreremo dati reali e consigli passo dopo passo. È il momento di agire!

Mappatura delle fonti di finanziamento per operazioni di M&A

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Quando si tratta di finanziare operazioni di M&A, il primo bivio è chiaro: capitale proprio o debito. A grandi linee, queste due strade aprono scenari diversi per te e per la tua azienda. Scegliere tra le due? Dipende da una serie di fattori pratici, come il settore in cui operi, dove si trova l’azienda, la sua solidità patrimoniale, la fase di sviluppo, la disponibilità di cassa e la capacità di generare liquidità (cash flow). Non dimenticare dettagli importanti come l’incidenza delle tasse, i costi degli advisor e la necessità (o meno) di investire subito.

Facciamo insieme una panoramica, senza troppi giri di parole, su cosa offre ogni opzione e come influenza la struttura finanziaria dopo il closing.

  • Liquidità interna: Usare i fondi disponibili in azienda vuol dire agire in tempi rapidi, senza costi finanziari aggiuntivi. Di contro, il cash a disposizione diminuisce e possono mancare riserve per futuri progetti.
  • Aumento di capitale: Immettere nuova equity (cioè raccogliere fondi tramite soci nuovi o attuali) spesso richiede uno sconto sul valore delle azioni e un’assemblea straordinaria. Di solito c’è il supporto delle banche che garantiscono la riuscita dell’operazione.
  • Veicoli societari e patti parasociali: Qui si entra nel dettaglio della governance. Gli accordi definiscono come si prendono le decisioni (tag along, drag along), chi gestisce cosa e come vengono distribuiti gli utili.
  • Prestiti bancari: Parliamo di finanziamenti veri e propri, come prestiti singoli (“bilateral loan”) o di gruppo (“sindacati”). Attenzione ai covenant finanziari, cioè regole che legano l’indebitamento a certi parametri (rapporto debito/capitale, copertura interessi). I tassi possono essere fissi o variabili, dipendendo dal contratto.
  • Obbligazioni: Le aziende possono emettere bond, assicurati (“secured”) o meno. Alcuni non pagano interessi fino a scadenza (zero-coupon), altri hanno cedole agganciate a indici come l’Euribor o il Libor. La durata? Da pochi anni fino a trenta.
  • Strumenti mezzanini: Qui si trovano forme ibride, come il debito subordinato (che si rimborsa dopo aver pagato i creditori senior) o le obbligazioni convertibili. Costano di più rispetto al debito tradizionale, ma offrono flessibilità extra in momenti cruciali.

Scegliere tra pagare in azioni o in contanti ha un impatto diretto su come verrà gestita l’azienda in futuro e sul rischio finanziario che ci si prende dopo l’operazione. Non è solo questione economica, ma anche strategica: conviene valutare ogni opzione fin dall’inizio, così da progettare un bilancio solido e adatto ai prossimi passi.

Ecco, quindi, una semplice tabella per confrontare a colpo d’occhio vantaggi, svantaggi e aspetti principali:

Opzione Punti di forza Considerazioni
Liquidità interna Immediata, nessun costo extra Riduce la cassa disponibile
Aumento di capitale Ingresso di nuovi fondi, supporto bancario Richiede sconto sulle azioni, assemblea
Veicoli/patti parasociali Regole chiare, governance flessibile Necessita accordi dettagliati tra soci
Prestiti bancari Accesso diretto al credito Covenant, tassi e rischi legati al business
Obbligazioni Flessibilità su importo e durata Costi placement, regolamentazione variabile
Strumenti mezzanini Soluzioni ibride, flessibili Costo superiore, rischio maggiore

Insomma, la scelta giusta nasce sempre da un mix pensato per te: valuta il costo, ciò che serve davvero e come ogni decisione incide sul bilancio. Così puoi puntare su una strategia di crescita sana e sostenibile, con la testa e con il cuore imprenditoriale. Hai dubbi su quale si sposi meglio con i tuoi obiettivi? Parliamone: ci siamo passati anche noi, più di una volta.

Finanziamento bancario per acquisizioni aziendali

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Quando si parla di acquisizioni aziendali, spesso la prima domanda è: “Come posso ottenere i fondi giusti, senza perdere la testa tra mille opzioni bancarie?” Vediamo insieme le soluzioni principali, spiegate in modo diretto, come farei davanti a un caffè con un imprenditore.

Il bilateral loan è una soluzione semplice: ti interfacci con una sola banca, si fissano regole di rimborso (pari passo), e la documentazione richiesta è ridotta al minimo. Perfetto se ti serve una somma media o contenuta e vuoi partire in fretta. Puoi scegliere tra tasso fisso o variabile. Niente male, no?

Se invece il progetto è di dimensioni importanti, entra in gioco il prestito sindacato. Qui coinvolgi più banche, coordinate da uno o più arranger (gli specialisti nel mettere insieme queste operazioni). Ognuna si prende una fetta del rischio. Questo tipo di prestito copre i grandi numeri, quelli che fanno davvero la differenza per uno scale-up.

C’è poi il prestito ponte. Serve proprio quando il tempo è tiranno e vuoi l’incasso subito, magari in attesa di un finanziamento più strutturato che arriverà più avanti. Di solito dura dai 6 ai 18 mesi: una soluzione transitoria ma molto utile per accelerare le operazioni.

Se invece il tuo focus è sulla flessibilità, magari il capitale circolante oscilla parecchio, la linea di credito rotativa è una valida alleata. Usi il capitale solo quando serve davvero, paghi commissioni solo sulla parte utilizzata e su quella impegnata (commitment e utilisation fee). Piuttosto smart.

Un’altra opzione spesso trascurata: il factoring a supporto di M&A. Qui puoi convertire velocemente i crediti in liquidità, integrando subito risorse fresche.

E infine c’è la term loan facility: rate fisse o unica soluzione (bullet), con piani che vanno da 3 a 5 anni ma possono estendersi fino a 10. Ideale per chi preferisce pianificare il rimborso senza sorprese.

Strumento Durata Caratteristiche chiave
bilateral loan un’unica banca; pari passo; trattativa rapida
prestito sindacato 3-10 anni più banche; arranger/co-arranger; grandi importi
prestito ponte 6-18 mesi liquidità “subito”; attesa di rifinanziamento
linea di credito rotativa revolving massima flessibilità; commissioni solo sul capitale davvero usato

Arriviamo ai covenant finanziari, che per tutta la vita del finanziamento dettano regole chiare: per esempio, puoi trovare soglie su quanto debito puoi avere rispetto al capitale proprio (rapporto debito/equity) oppure sulla capacità di coprire gli interessi (“interest coverage ratio”). Attenzione anche al DSCR, il “debt service coverage ratio”, cioè il flusso di cassa operativo diviso il debito a breve termine: ti mostra se puoi realmente onorare tutte le rate.

Controllare questi parametri è come monitorare il quadro strumenti della tua auto: se qualcosa va storto rischi sorprese spiacevoli, come la richiesta di rientro anticipato del debito. Ecco perché avere un buon financial modelling per acquisizioni PMI B2B ti permette di simulare gli scenari e arrivare pronto alla guida.

Hai domande o vuoi qualche esempio pratico? Scrivici, siamo qui per trovare insieme la strada migliore.

Emissione obbligazionaria per acquisizioni aziendali

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Se stai pensando di finanziare un’acquisizione aziendale tramite emissione di obbligazioni, hai davanti diverse strade. Puoi scegliere tra bond garantiti da asset (“secured”) o titoli “unsecured” (senza garanzie specifiche). La differenza pratica? I primi danno più sicurezza ai creditori, i secondi invece lasciano l’azienda più libera sul fronte delle garanzie.

Parliamo dei tassi. C’è quello fisso (il classico: sai sempre quanto paghi), quello variabile (magari agganciato all’Euribor o al Libor, cioè indici di riferimento dei mercati dei capitali), oppure lo zero-coupon, l’obbligazione che non paga cedole ma restituisce tutto alla scadenza. Alcuni bond hanno formule ancora più sofisticate: il “payoff” può dipendere dall’andamento degli indici finanziari.

La durata è estremamente flessibile. Ci sono obbligazioni di tre anni, altre con scadenza ultra-lunga o addirittura perpetue. Molte includono una “opzione call”: l’azienda può decidere di estinguere il debito in anticipo, dopo cinque o dieci anni, se cambia la situazione di mercato o servono altre strategie. Quando si tratta di tagliare debiti strutturati su misura per l’acquisizione, questa libertà di opzioni aiuta tantissimo.

Alcune imprese puntano sulla quotazione in borsa dei propri bond. Altre preferiscono collocamenti privati, magari per tempistiche più rapide o trattative dirette. Ecco come funziona, di solito:

  • Collocamento pubblico con “bookbuilding”: i lead manager (istituti incaricati) raccolgono offerte dagli investitori, anche tramite roadshow e meeting.
  • In caso di altissima domanda, si utilizza una procedura di oversubscription, significa che la domanda supera l’offerta e bisogna ripartire le quote con criteri precisi tra investitori istituzionali e retail.
  • Riparto “equo” fra grandi operatori e investitori privati, così da non sbilanciare troppo il mercato.
  • Collocamento privato: trattativa diretta con un gruppo ristretto di investitori, in genere con meno burocrazia e tempi più rapidi.
  • “Best effort placement”: il collocatore si impegna al massimo per piazzare i bond, ma senza la garanzia che tutto l’ammontare venga venduto.

Tutto questo processo di bookbuilding serve proprio a calibrare bene l’offerta sulle esigenze del mercato. I lead manager analizzano cosa arriva dai potenziali investitori, definiscono il prezzo giusto e decidono quante obbligazioni assegnare a ciascuno. Lo scopo? Ottenere il giusto equilibrio tra raccolta di capitali e costi di emissione, così che tu possa finanziare l’acquisizione senza sorprese.

Strumenti mezzanini: debito subordinato e strumenti ibridi

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Hai mai sentito parlare di finanziamento mezzanino? Si tratta di una soluzione che si posiziona a metà strada tra il debito classico e il capitale proprio (quello che di solito chiamiamo “equity”). Immagina: sei nel pieno di un’acquisizione e ti serve, in fretta, del capitale aggiuntivo ma non vuoi che la proprietà si diluisca troppo. Ecco dove entra in gioco il mezzanino. Ci sono strumenti con modalità di rimborso e opzioni di conversione molto particolari, perfetti per colmare il vuoto tra quello che puoi mettere tu e quello che sono disposte a finanziare le banche con il cosiddetto debito senior. E, bonus, puoi spingere su progetti con alto potenziale facendo in modo che il classico debito non pesi subito troppo sul bilancio.

Diamo un’occhiata ai principali strumenti:

  1. Debito subordinato
    Qui il rimborso avviene solo dopo che i creditori senior sono stati pagati, quindi è più rischioso… e il tasso si alza di conseguenza. Di solito parliamo di scadenze a medio termine, senza troppe garanzie a carico tuo. Ottimo se vuoi migliorare il “loan-to-value” (il rapporto tra prestito e valore dell’investimento) senza essere soffocato da clausole troppo stringenti.
  2. Obbligazioni ibride o perpetue
    Hanno una durata lunghissima, spesso superiore a 60 anni, ma con la possibilità di “richiamarle” (call) dopo 5 o 10 anni. Per chi le emette sono utili perché, anche se sono debiti, dal punto di vista patrimoniale sembrano quasi equity. Il bello? Di solito non c’è obbligo di rientro anticipato.
  3. Obbligazioni convertibili
    Qui accetti una cedola più bassa perché hai la possibilità, in futuro, di trasformare il debito in azioni. Tutto avviene a prezzi e rapporti già definiti. È una specie di “anticipo” sul futuro aumento di capitale e aiuta a tenere bassi i costi finanziari in partenza.
  4. Mandatory convertible
    In questo caso, la conversione in equity è obbligatoria dopo due o tre anni. Il numero di azioni? Viene fissato usando un prezzo di riferimento. Così, investitori e management si trovano subito allineati negli interessi.

A prima vista sembrano strumenti ideali per aumentare la “leva finanziaria” (cioè il rapporto tra debito ed equity) e spesso servono proprio a quello. Ma occhio: alzano anche il costo medio complessivo del capitale (il Weighted Average Cost of Capital o WACC). Conviene sempre monitorare flussi di cassa e indicatori di debito, perché se qualcosa va storto, ad esempio, se salti una clausola importante, potresti ritrovarti con un rimborso anticipato o una conversione forzata tra le mani. Meglio quindi pianificare e confrontarsi con chi queste soluzioni le conosce bene.

Hai qualche dubbio in proposito o vuoi capire quale strumento potrebbe fare al caso tuo? Ne parliamo volentieri, magari davanti a un buon caffè!

Capitale di rischio: private equity e venture capital nelle acquisizioni

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Hai mai pensato a quanto il private equity possa agevolare l’acquisizione di aziende? In pratica, parliamo di operazioni di integrazione dove, spesso tramite modelli come il leveraged buy-out (acquisto con leva finanziaria, dove il debito viene usato per finanziare l’operazione), si crea una nuova società. Questa “newco” prende in carico i debiti necessari, poi si fonde con l’azienda che si vuole acquisire. Così, il peso finanziario passa appena dopo la fusione. Dopo il closing, vengono fissati sistemi di governance: ci sediamo insieme a studiare i KPI (i famosi indicatori chiave di performance) e le decisioni strategiche, per far sì che la crescita sia monitorata passo dopo passo.

Quando si parla di aumenti di capitale (hai mai sentito nominare i diritti di opzione? O il famoso “pricing sotto fair value,” cioè valutazioni più basse di mercato per attrarre investimenti?), spesso le banche fanno da garanti in gruppi. Se vuoi scoprire di più sui diversi modi per finanziare la crescita della tua azienda, dai un occhio a questa panoramica delle fonti di finanziamento per la crescita aziendale.

E il venture capital nelle acquisizioni? Qui giochiamo un’altra partita: il VC entra di solito come socio di minoranza in startup o scale-up, puntando tutto su innovazione e sviluppo veloce. Pensa a round di finanziamento come il seed, la Series A e le fasi successive. Non si tratta solo di capitali freschi ma anche di mentoring operativo e di accesso a una rete di contatti che, per chi sogna in grande, fa la differenza. Grazie al VC, una startup può attirare talenti, accedere ai mercati e portare in casa know-how tecnologico che altrimenti sarebbe difficile trovare. Di solito il venture capital non prende il controllo assoluto, ma richiede almeno un posto in consiglio d’amministrazione, così da seguire da vicino l’investimento.

E i family office? Questi investitori portano capitale “paziente” e una visione a lungo termine, spesso collaborando a stretto contatto con il management. Nel co-investimento sulle fusioni, più soggetti privati uniscono le forze. Così, il rischio si distribuisce e le competenze si sommano. Quando entri con un family office, hai più flessibilità nella struttura finanziaria e, a volte, condividi addirittura una storia imprenditoriale simile. I co-investimenti permettono di seguire diversi progetti insieme, alleggerendo il carico su un solo investitore.

In sintesi? Che tu voglia crescere, acquisire nuovi mercati o semplicemente portare innovazione in azienda, scegliere il giusto partner (che sia private equity, venture capital o family office) può davvero fare la differenza.

Seller financing ed earn-out nelle operazioni di M&A

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Hai mai sentito parlare di vendor financing durante un’operazione di acquisizione? In pratica, il venditore offre un prestito diretto all’acquirente (lo chiamiamo vendor loan), così si può concludere l’affare senza richiedere una grossa somma di denaro subito. Un aiuto concreto che spesso fa la differenza al tavolo della trattativa.

Poi c’è l’earn-out. Qui una parte del prezzo d’acquisto viene pagata solo se, dopo il closing, l’azienda raggiunge determinati obiettivi di fatturato o EBITDA (cioè l’utile prima di interessi, tasse, ammortamenti e svalutazioni, un indicatore chiave). In questo modo, acquirente e venditore hanno lo stesso interesse a far crescere l’attività, almeno per un periodo. Certo, potrebbe succedere che nascano discussioni su come calcolare questi risultati. Piccolo consiglio? Meglio chiarire tutto per iscritto fin dall’inizio.

C’è anche il cosiddetto rollover equity management: qui il team di gestione reinveste una parte delle proprie azioni nella nuova società (spesso chiamata newco). Così rimane in prima linea, lavorando fianco a fianco con il nuovo proprietario e trasmettendo continuità.

Vediamoli nell’insieme:

Strumento Come funziona Vantaggi Punti da chiarire
Vendor loan Il venditore finanzia anche fino al 100% del prezzo, da restituire in un arco di tempo concordato (qualche anno). L’acquirente riduce l’esborso iniziale; più facile chiudere l’operazione. Il rischio di credito rimane al venditore fino al saldo.
Earn-out Un pezzo del prezzo dipende da risultati futuri (es. ricavi o margini). Allinea gli obiettivi delle parti; stimola lavoro congiunto. Serve chiarezza sui KPI (indicatori), criteri di calcolo e tempistiche.
Rollover equity Il management reinveste parte delle sue quote nella newco. Continuità operativa, coinvolgimento diretto dei manager. Meglio definire governance e diritti di voto.

Un consiglio da chi le operazioni le vive ogni giorno: mai sottovalutare i dettagli nei contratti. Un earn-out ben strutturato prevede obiettivi e tempistiche scritti nero su bianco, così si evitano discussioni dopo. Anche nel rollover equity management, meglio pattuire subito le regole della governance, i poteri e i diritti di voto. Piccoli particolari che fanno dormire sonni tranquilli a tutti: sia a chi compra sia a chi vende.

In sintesi, sono strumenti utili per conciliare aspettative e rischi in una trattativa M&A. E con le giuste tutele, possono davvero dare una marcia in più a entrambe le parti.

Fonti di finanziamento per operazioni di M&A vincenti

Iter procedurale, costi e tempistiche delle fonti di finanziamento MA.jpg

Quando ci si prepara a una nuova acquisizione, serve un piano finanziario concreto fin dall’inizio. Ti aiuta a coordinare risorse e tempistiche, due ingredienti cruciali per arrivare in fondo senza intoppi. Ecco perché conviene fissare una timeline ben definita, mentre in parallelo si affronta la due diligence finanziaria M&A (un controllo approfondito per scovare rischi e opportunità nei numeri dell’azienda).
Guardare i flussi di cassa e rispettare i vincoli contrattuali rende molto più facile evitare richieste di rimborso anticipate o penali inaspettate. Non dimenticare i costi accessori che spesso si aggiungono: advisor fees, parcelle degli avvocati, commissioni per arrangiamento del finanziamento e underwriting fees (spesso tra l’1 e il 2% dell’importo). È meglio quantificare tutto subito, così sai a cosa vai incontro.

Ecco una scaletta pratica delle tappe essenziali:

  1. Mettere a punto un piano finanziario per l’acquisizione, individuando le fonti di debito o equity (capitale di rischio).
  2. Negoziare con attenzione i termini sia per il debito che per l’equity, valutando subito il peso di commissioni come le arrangment loan fees.
  3. Eseguire la due diligence finanziaria M&A: significa verificare bilanci, flussi di cassa e debiti per non avere sorprese.
  4. Firmare i contratti di finanziamento con banche, obbligazionisti o investitori privati.
  5. Procedere al closing dell’operazione e ricevere i fondi secondo quanto è stato concordato.
  6. Dopo la chiusura, tenere d’occhio i covenant (cioè i vincoli previsti dai contratti) e le upfront fee nei finanziamenti sindacati (spesso una percentuale anticipata).

E per quanto riguarda i tempi? Dipende dalla struttura scelta. Un bilateral loan, cioè un prestito negoziato con una sola banca, in genere si chiude in 1-2 mesi. Un finanziamento sindacato (con più istituti) può richiedere 3-6 mesi. Un’emissione obbligazionaria si colloca tra i 2 e i 4 mesi, mentre per il mezzanino bisogna prevedere 2-3 mesi.

Pianificare bene e fare i dovuti controlli permette di tenere sotto controllo costi e tempi, così eviti sorprese. Tanto per darti un’idea, le upfront fee nei finanziamenti sindacati viaggiano intorno allo 0,5-1% del capitale, mentre le underwriting fees possono incidere sul rendimento totale dell’operazione.

Quando allinei bene tempistiche, costi e dettagli contrattuali, resti in controllo e puoi portare a termine l’acquisizione proprio come ti eri immaginato. Nessuna sorpresa, solo risultati.

Case study italiano: mix di fonti di finanziamento in un’acquisizione di PMI

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Immagina questa scena: una storica azienda familiare del Nord-Est, attiva nella componentistica meccanica, genera circa €15 milioni di fatturato e opera con un margine EBITDA (ovvero utile operativo prima di interessi, tasse, ammortamenti e svalutazioni diviso i ricavi) pari al 12%. Gli imprenditori avevano un obiettivo ben chiaro: dare il via a un ambizioso piano di crescita oltre confine. Per muoversi rapidamente, e senza sorprese, si sono affidati a consulenti che parlano la lingua delle PMI e sanno mettere le cose in chiaro al tavolo delle trattative.

Ecco il trucco: per finanziare l’operazione senza appesantire troppo il bilancio, abbiamo messo insieme diverse fonti. Un po’ come comporre una ricetta equilibrata. Il mix comprendeva un prestito sindacato per il 40%, un bond in private placement al 20%, l’apporto di un fondo di private equity (altri 20%), il sostegno dei fondi UE a tasso agevolato al 10% e infine un vendor loan (cioè un prestito dal venditore) per l’ultimo 10%. Se vuoi approfondire il tema delle opportunità mercati esteri per PMI, qui trovi qualche spunto in più.

Tutto questo si è mosso piuttosto in fretta: lo structuring e il closing hanno richiesto cinque mesi in totale. I fondi europei sono arrivati dopo tre mesi, mentre il vendor loan prevede rientri ogni sei mesi per un periodo di due anni.

Fonte % Deal Durata Costo Equivalente
Prestito sindacato 40% 5-7 anni 4,8%
Bond private placement 20% 5 anni 6,0%
Private equity 20% Orizzonte 5 anni 8,5%
Fondi UE agevolati 10% 3 mesi erogazione 2,5%
Vendor loan 10% 2 anni 7,2%

Ora veniamo ai numeri che contano davvero. Il costo medio ponderato del capitale (chiamato “CoE”) si è fermato al 6,5% annuale. Il prestito sindacato? Ha portato subito ossigeno, stipulato con banche pronte a spalmarlo su un arco fino a sette anni. Il bond in private placement ha protetto la quota dei soci (tradotto: nessuno ha dovuto cedere il controllo) e si poteva scegliere tra tasso fisso o variabile in base all’appetito per il rischio.

Il private equity invece non solo ha portato risorse, ma ha rafforzato la governance aziendale e dato una marcia in più alle strategie commerciali, senza pesare sulla cassa operativa. I fondi UE agevolati hanno permesso di abbassare il costo globale del finanziamento: un vantaggio concreto e subito visibile nei conti. E il vendor loan? Ha offerto la possibilità di dilazionare i pagamenti togliendo pressione all’esborso iniziale, facendo respirare la liquidità nei primi mesi.

Un dettaglio da non sottovalutare: il rapporto debito su EBITDA è rimasto sotto la soglia di 3x. In pratica, il merito creditizio è stato preservato. Così facendo, la strada per un futuro rifinanziamento, magari a condizioni ancora migliori, resta più che aperta.

Cosa dimostra questa storia? Che scegliendo il giusto mix puoi davvero bilanciare il costo del capitale, mantenere margini di manovra e garantire una struttura finanziaria solida. Utile, no?

Considerazioni finali

Entrando nel vivo, abbiamo esplorato le differenze tra capitale proprio e debito, i prestiti bancari, l’emissione obbligazionaria, gli strumenti mezzanini e il private equity. Abbiamo visto esempi pratici e misurato costi e tempistiche.

Poi abbiamo approfondito vendor financing, LBO e il percorso passo a passo per definire un piano finanziario. Il case study italiano ha mostrato come mixare soluzioni per un’efficace operazione.

Ora hai una mappa chiara delle fonti di finanziamento per operazioni di M&A e gli strumenti per fare la scelta giusta.

FAQ

Cos’è l’acquisition financing?

L’acquisition financing indica l’insieme di fonti di finanziamento (debito, equity, strumenti ibridi) impiegate per comprare aziende, bilanciando costi, rischi e tempistiche dell’operazione.

Cos’è e come funziona il vendor loan nelle operazioni di M&A?

Il vendor loan è un finanziamento concesso dal venditore (finanziamento del venditore) che copre anche fino al 100% del prezzo di acquisto, rimborsato entro un periodo concordato di qualche anno, spesso utilizzato nelle M&A.

Cosa designa il termine società acquisenda?

Il termine società acquisenda indica l’azienda target che viene acquisita, oggetto di due diligence e delle attività di integrazione post-closing.

Come funzionano le operazioni di M&A?

Le operazioni di M&A seguono fasi di target screening, due diligence finanziaria, negoziazione dei termini, firma dei contratti e integrazione delle attività, con monitoraggio post-closing dei covenant e delle performance.

Quali sono le principali tipologie di fonti e tipi di finanziamento?

Le principali tipologie di finanziamento includono capitale proprio (liquidità interna, aumento di capitale), debito bancario (prestiti, bond), strumenti mezzanini e soluzioni alternative come private equity e venture capital.

Quali sono le principali fonti di finanziamento per gli enti locali?

Le principali fonti di finanziamento degli enti locali comprendono trasferimenti statali e regionali, prestiti obbligazionari comunali, mutui agevolati da Cassa Depositi e Prestiti e fondi europei.